ABSCOLTA

ABSCOLTA è il progetto nato dall’incontro di Carlo Maver, Dimitri Grechi Espinoza e Fabio Mina, musicisti che
hanno la passione comune per l’esplorazione del suono in solo, ognuno con il proprio strumento: Maver – bandoneon e flauti, Grechi Espinoza – sax, Fabio Mina – flauto traverso. Strumenti e percorsi che partono da lontano per trovare una meta comune, quella delle sfumature sonore in cui i tre indagano fino alle sue radici profonde e ancestrali. Una passione che arriva dalla capacità di ascoltare la natura e i suoi elementi e da cui le nascono le composizioni, i processi, il flusso di note inizia per arrivare altrove.

Ognuno di loro ha cercato un percorso e una propria voce personale, in questo particolare caso hanno deciso di lavorare insieme portando e condividendo gli elementi diversi e comuni del loro esplorare.

Con ABSCOLTA danno voce ai luoghi a partire dalla loro essenza, verso un dialogo che si nutre della matrice acustica degli spazi e che acquista un carattere unico, legato all’ambiente.

Vi sono luoghi ideali per tale progetto, spazi architettonici o naturali dove poter far “risuonare” il suono, e condividere con gli ascoltatori l’esperienza del suo nascere e morire dal silenzio e nel silenzio”.

“Non crediamo serva elencare per l’ennesima volta tutti i riferimenti alla priorità del suono nelle cosmogonie tradizionali, ne aggiungervi le evidenze scientifiche moderne. Siamo interessati invece a intraprendere un percorso, per meglio dire un viaggio, alla riscoperta del rapporto suono/uomo e uomo/ambiente, un matrinomio indissolubile che può e dovrebbe ritrovare la sua centralità nell’arte musicale”.

ABSCOLTA può svilupparsi in un dialogo contemporaneo fra i tre strumentisti o in tre performance in solo, dislocate o nello stesso luogo, dove i musicisti avranno modo di suonare in armonia con il posto e la sua natura. I luoghi a cui si fa riferimento possono essere basiliche, monasteri, cattedrali, cisterne romane ma anche luoghi moderni, di archeologia industriale, all’insegna del dialogo con il riverbero.

CARLO MAVER Flautista, bandoneonista, compositore. Coltiva la passione per i viaggi solitari in paesi esotici e remoti come il Kurdistan, il Mali, il deserto del Sahara, l’Uzbekistan, il Turkmenistan, la Turchia e l’Indonesia, esperienze di vita che sono autentiche fonti di ispirazione creativa per la sua musica.

Maver è un musicista che parte dalla melodia per sviluppare attorno ad essa il suo discorso musicale lirico ed impregnato di Tango e sonorità mediterranee.

E’ stato uno dei pochi allievi del grande bandoneonista argentino Dino Saluzzi, si è esibito in Iran, Porto- gallo, Spagna, Francia, Albania, Argentina, Australia, Afghanistan, Etiopia, Germania, Inghilterra, Iran. Dal 2008 è ideatore e direttore artistico di vari festival musicali legati ai Luoghi, dalle emergenze naturali come montagne e grotte, a luoghi caratterizzati da un forte riverbero naturale.

Nel 2017 pubblica il libro autobiografico Azalai 1500 chilometri a piedi nel deserto, diario di viaggio di 1500 km attraverso il Sahara a dorso di cammello.

Volver è l’ultimo album di Carlo Maver, prodotto da Visage Music nel 2019. Un lavoro discografico per flauti e bandoneon dedicato al suono e all’ascolto interamente registrato in una chiesa.

Ha all’attivo quattro lavori discografici da solista. Svolge un’intensa attività concertistica in Italia e all’e- stero.

DIMITRI GRECHI ESPINOZA è nato a Mosca nel 1965.

Ha frequentato il Jazz Mobile di New York e completato i corsi di alta qualificazione professionale presso Siena jazz con P. Tonolo. Nel 2000 ha fondato il gruppo di ricerca musicale Dinamitri Jazz Folklore che nel 2014 ha ottenuto il 2 posto nella classifica della rivista Musica Jazz come miglior gruppo italiano. Nell’ago- sto del 2001 è stato invitato a suonare al festival Panafricano a Brazzaville (Congo). Dal marzo 2002 al 2003 ha collaborato con Goma Parfait Ludovic, direttore della compagnia congolese Yela wa, nell’ambito della ricerca sulla tradizione della musica di guarigione africana con seminari e spettacoli. Dal 2004 svolge la sua attività principalmente in due direzioni: l’applicazione dei risultati delle ricerche sulle culture tradizionali alla musica del gruppo Dinamiti Jazz Folklore, e al concerto in solo “Oreb”, oltre all’attività didattica. Nel 2011 ha partecipato al “Fesival Au Desert” in Mali, e dal 2012 al 2014 ha diretto il progetto “Azalai-Caro- vana musicale” con il quale ha suonato in alcuni dei più grandi festival europei.

FABIO MINA. Nato a Rimini nel 1984 ha iniziato a studiare flauto da bambino. Durante gli anni del conservatorio, parallelamente agli studi accademici, ha iniziato l’esperienza dell’improvvisazione cercando sempre di più, col passare del tempo, uno spazio musicale che non avesse confini, anche attraverso l’elet- tronica dal vivo e lo studio di strumenti a fiato di diverse parti del mondo come bansuri (flauto traverso in- diano), duduk (oboe armeno), fujara (flauto armonico di grandi dimensioni tipico della Slovacchia), khaen (organo a bocca tailandese) e varie tipologie di scacciapensieri.

Dal 2007 collabora col trombettista tedesco Markus Stockhausen con cui si è esibito in diversi festival in Italia e in Germania e con cui lavora attualmente assieme al batterista Enzo Carpentieri.

Lo stesso Stockhausen, nel 2011, ha prodotto il suo primo album “Vìreo” per l’etichetta tedesca Aktivraum, e compare nel secondo, “The Shore”.

Ha collaborato con artisti come Kudsi Erguner, Fabrizio Ottaviucci, Enzo Pietropaoli, Tara Boumann, Luigi Ceccarelli, Cristiano De Andrè e Vinicio Capossela.

È interessato all’utilizzo del suono ambientale, registrando con microfoni, microfoni a contatto e idrofoni prediligendo i suoni più nascosti e meno riconducibili alla fonte per poi creare ritmi e armonie con cui inte- ragire; il suo ultimo lavoro discografico, HIGH WINDS MAY EXIST (Da Vinci Edition), ruota intorno al tema del vento sia come ispirazione musicale, attraverso il suo suono registrato con vari microfoni in diversi luoghi d’Italia, sia come simbolo di imprevedibilità, forza, pace, mutamento, tensione.

Tutti questi elementi contribuiscono a creare un suono, una musica che si discosta dalle visioni più puriste dei generi cercando di collocarsi, con spontaneità, tra fruibilità e sperimentazione, spesso ritenuti poli non comunicanti, territori lontani tra loro.